E’ da una vita che non scrivo più. Non che non vi siano cose interessanti da raccontare o condividere. Forse ve ne sono troppe, e troppo poco è il tempo a disposizione. E appena si crea uno spiraglio di tempo libero viene rapidamente occupato da tutto e di più.
Oggi però fa eccezione. Sono al Teatro Alighieri di Ravenna per un servizio di interpretazione. Negli ultimi due giorni ho fatto consecutiva sul palco (e temo che i video non tarderanno ad esser caricati sul sito dell’evento La Voce Artistica), mentre oggi sono in un palchetto per fare chuchotage ai pochi relatori stranieri ancora rimasti. Fatto sta che evidentemente preferiscono fare lo sforzo di ascoltare l’italiano e che io quindi sono momentaneamente “disoccupata”.
Ho quindi la fortuna di assistere da spettatrice a questo meraviglioso connubio tra arte e scienza firmato Franco Fussi. Basta guardare la pagina FaceBook dell’evento per rendersi conto di quanto sia amato e stimato. Avevo già avuto l’onore di interpretarlo in simultanea, ma questa volta ho avuto la fortuna di vederlo vivere nel backstage, circondato da uno staff straordinario e da tanti personaggi famosi che ci tenevano a salutarlo (con alcuni dei quali sono stata ahimè immortalata). Macchinisti, fonici, tecnici e una segreteria organizzativa davvero degna di nota: tutti stanno contribuendo alla riuscita di questo grande evento e sono davvero felice di aver fatto la mia.
E’ stata peraltro l’occasione di ricevere feedback ai quali non sono abituata. Fermo restando che nel nostro lavoro vale il principio no news good news, ossia se nessuno dice nulla significa che il servizio è stato soddisfacente, le poche volte che ci sono commenti solitamente questi vertono sulla qualità della resa. Negli ultimi due giorni, invece, in tanti mi hanno riconosciuta e fermata per dirmi che avevo una bella voce brillante, che potrei fare la speaker radiofonica, che era un piacere ascoltare l’interpretazione in consecutiva. A tal punto che, come ironizzava il Dott. Coulombeau, forse qualcuno mi ha “rimpianta” quando alcuni dei relatori stranieri hanno preferito parlare nel loro italiano stentato piuttosto che servirsi di me.
In realtà non li biasimo affatto, la consecutiva in un contesto del genere non è forse la modalità più adatta, o comunque non per tutte le tipologie di presentazioni e di oratori. E sicuramente espone moltissimo l’interprete, che volens nolens diventa qualcosa di più di uno strumento invisibile di comunicazione, anche solo per il fatto che è fisicamente e visibilmente sulla scena e che talvolta ne diventa suo malgrado protagonista. Come quando ho dovuto canticchiare I love you in non so più quale modalità canora proposta da Catherine Sadolin (che dietro le quinte mi ha regalato la versione italiana del suo libro, freschissimo di stampa!) e mi sono presa i miei applausi. O come quando il Dott. DeJonckere e il Dott. Sundberg (che dietro le quinte si è chinato di almeno un metro, alto com’è, per baciarmi dopo l’interpretazione) hanno pubblicamente ringraziato l’interprete facendomi arrossire.
Chiudo dicendo che dopo la visibilità degli ultimi due giorni sono ben felice di essere qui, invisibile, nel “mio” palchetto di terz’ordine. Perché lontana dai riflettori ho sbloccato le mie emozioni insieme a Mary Setrakian, straordinaria vocal coach americana con cui tutto il teatro all’unisono ha cantato “LET THE SUN SHINE IN” (dal musical Hair). La cosa magica era che dicevamo tutti la stessa frase, ma che ciascuno ci metteva dentro la propria storia personale, il proprio bisogno di amore e di appartenere a qualcuno. È stato straordinario, a tal punto che le emozioni non ci stavano dentro e che si sono sciolte in un pianto liberatorio.
Un abbraccio da Ravenna e buona voce, come si usa dire qui!
Moglie sei la Numero 1
Figlia, è bello essere testimone del tuo divenire e … leggerti. Grazie per le informazioni inerenti all’educazione terapeutica di Jean Philippe Assal. Mamy