Traduzione e Interpretazione

Se la vita non è in svendita…

SAN MAURO PASCOLI – Se la vita non è in svendita è l’ipotetica che ha dato il titolo ad un interessantissimo incontro di bioetica che si è tenuto ieri sera, 12 febbraio, nella Sala Gramsci di San Mauro Pascoli.

Un’ipotetica cui ciascuno dei presenti, numerosi e di tutte le età nonostante fosse il venerdì di carnevale, si è sentito di dover rispondere. Me compresa.

Nonostante l’inizio “giornalistico” del post di oggi, dolce ricordo di un passato da cronista, non ero lì per il Corriere Romagna né per nessun’altra testata locale. Ero lì per me stessa.

Ero lì per assumermi la responsabilità di riflettere su temi come la pillola abortiva RU 486 o la legge 194, cercando di orientarmi tra gli approcci impressionistici di chi, mosso da interessi di parte, sostiene l’una o l’altra verità.

Ero lì per ascoltare due relatori, medico il primo e filosofo il secondo, che pur imbevuti di cristianità hanno avuto il merito di palesare la loro posizione senza venderla per universale, o oggettiva. Il che ha permesso ad ognuno dei presenti di filtrare le loro posizioni, di ricavarne per così dire il nocciolo duro, e di farsi una propria opinione in merito.

Difficile è farvi un riassunto di quanto è stato detto, perché troppe e troppo dense sono state le tematiche affrontate.

Anzitutto da un punto di vista medico, quello del dott. Marco Casadei, che ha delineato una panoramica della ricerca in ambito biologico, soffermandosi sul funzionamento dell’apparato riproduttivo, sull’azione della RU 486 nell’utero della donna e su alcuni casi ufficialmente permessi di neonaticidi (vedi Protocollo di Groningen) e concludendo con alcuni accenni alle posizioni filosofiche e bioetiche che giustificano determinate scelte (vedi le posizioni del gettonatissimo Peter Singer e di coloro che promuovono un biocentrismo anziché un antropocentrismo). Questa finestra aperta sul mondo della medicina ha portato una ventata di aria gelida, soprattutto allorquando il dott. Casadei ha spiegato l’aborto a nascita parziale che era stato tolto da Bush (che, da questo punto di vista, non posso che rivalutare) e che è stato reintrodotto da Obama (che, a questo punto, mi è scaduto non poco nonostante i suoi bei discorsi). E chiaro a tutti è stato, nel giro di mezz’ora, come da un concetto di morte non possa nascere un pensiero di vita.

Il filosofo Nevio Genghini ci ha poi aiutati a girare intorno agli eventi – per usare le sue parole – per vedere da quale “mens” nasce questa tecnologia al servizio della morte. Con il suo fare pacato, misurato e giusto, ci ha accompagnati lungo un percorso a cinque tappe:

1)    La curiositas dell’uomo che varca le frontiere della conoscenza trasformando la natura matrigna in natura benigna e conquistando anche l’ultimo lembo di natura che sembrava inavvicinabile: il mistero della vita e della riproduzione;

2)    La seduzione esercitata dalla possibilità, nella riproduzione, di sostituire il caso con la programmazione razionale: il design del discendente affonda le sue radici nel desiderio autentico dell’uomo di essere libero e autonomo e di non incastrarsi in quel che non ha scelto (un bambino non voluto, una patologia nel nascituro etc.);

3)    Quello che siamo lo dobbiamo agli incontri che abbiamo fatto (con i genitori prima e con tutti gli altri poi): se si è soli, completamente liberi da condizionamenti, in realtà non si è liberi ma disadattati;

4)    Il fatto di mettere la natura al nostro servizio è lecito. In altre parole, è lecito piegare le cose a nostro piacere. Ma, quando trattiamo QUALCUNO come se fosse QUALCOSA, allora la situazione è diversa e va a violare uno dei pilastri dello Stato di diritto, ovvero che le persone nascono uguali le une alle altre. Nella storia, l’uomo si è sempre considerato al servizio delle generazioni future (il Welfare State ne è del resto la manifestazione). Mentre oggi assistiamo al rovesciamento di questo pensiero e le generazioni future vengono viste come al servizio di quelle odierne, quali un soddisfacimento di un diritto (alla maternità o paternità) esercitato dai genitori;

5)    La Chiesa non prende certe posizioni per difendere l’etica cristiana, il suo orticello, ma si erge a difesa dell’uguaglianza, che è un diritto eminentemente laico, su cui si fondano, con riferimenti impliciti ed espliciti a Kant, tutte le costituzioni delle più grandi democrazie occidentali. E questa difesa ad opera della Chiesa è fatta di due componenti: non solo la parte critica ma anche, e soprattutto, l’annuncio della bellezza della vita cristiana, quel profondo stupore – per usare le parole di papa Giovanni Paolo II – a riguardo del valore e della dignità dell’uomo.

Dignità che non consiste, come sostengono Singer e altri, nella consapevolezza di averla (il che significa che se non c’è consapevolezza, come nel caso di Eluana Englaro, allora non c’è più dignità, quindi l’uomo può essere considerato alla stregua di un qualsiasi altro essere vivente). Ma bensì, come sosteneva Kant, nel fatto che l’uomo non può mai essere usato solo come mezzo ma sempre anche come fine.

Posizione, questa, che va ben aldilà di un cristianesimo che può dividere, visto che in un mondo sempre più interculturale molti sono i credo, molte le religioni.

Posizione, quindi, che si erge a comun denominatore di una comunicazione tra lingue e culture, e a nocciolo duro di un uomo che, aldilà di mille differenze, è sempre e comunque l’uomo.

One Response to “Se la vita non è in svendita…”

  1. don Sanzio scrive:

    Naty, non sei normale! La perfezione della tua relazione mi ha stravolto. La posso adoperare per la lettera della parrocchia?

    don Sanzio

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