Traduzione e Interpretazione

Corso di formazione: sessualità e violenza di genere

Lo sapevate che in Italia si stimano 9 milioni di clienti della prostituzione? Il che equivarrebbe a circa 1/3 della popolazione maschile?

Queste le stime che sono state rese note al 1° incontro del corso di formazione sulla sessualità e la violenza di genere che si è tenuto a Reggio Emilia sabato scorso e che ha visto la partecipazione del Gruppo Abele di Torino, dei rappresentanti del Progetto Rosemary e dell’Associazione Rabbunì di Reggio Emilia.

Accomunati dal titolo “L’esperienza della strada”, gli interventi proposti in una mattinata intensa e sconcertante hanno toccato temi quali la prostituzione, lo sfruttamento e la tratta, presentando cifre, esperienze e riflessioni che ci hanno dato una dimensione del fenomeno e di tutto quello che ci sta dietro in termini medici e sociologici.

Pensato per operatori sanitari che si scontrano ogni giorno con queste realtà, cercando, come precisava un ginecologo presente, di dare una soluzione medica ad un problema che spesso medico non è, questo seminario è stato aperto anche ai mediatori interculturali che a queste vittime prestano la voce e a chi, come me, sulla mediazione fa ricerca.

Non ero certo obbligata a partecipare, ma mi sembrava giusto sentire cosa c’è dietro le persone che hanno bisogno di una mediazione linguistico-culturale, ammesso che questo binomio di aggettivi basti a rendere conto di un fenomeno che mi appare sempre più complesso.

E devo ammettere che sono rimasta scioccata. Non lo dico per fare del moralismo, lungi da me, ma perché credo che sia necessario interrogarsi sul cliente della prostituzione anziché continuare ad additare le ragazze che costeggiano le nostre strade e che, spesso, non possono fare diversamente.

Qualche flash, giusto per darvi degli spunti su cui riflettere.

La prostituzione non implica per forza un contatto fisico. Con l’esplosione di internet il compenso economico viene corrisposto anche in cambio di una prestazione virtuale.

Lo sfruttamento implica 3 attori: nello scambio tra prostituta e cliente s’inserisce una terza persona che ci guadagna.

La tratta è lo spostamento di persone (circa 800.000 l’anno) ai fini dello sfruttamento (non solo prostituzione, ma anche traffico di organi, di neonati, di ballerine, di lavoratori del circo, di mogli etc.). Gli attori si moltiplicano e pure i soldi: dai 1.000 € pagati, ad esempio, ad un moldavo per il suo rene, si arriva ai 30.000€ pagati dal cliente finale.

Il 12% del PIL della Thailandia è rappresentato da scambi sessuali a pagamento.

Il 5% del PIL dell’Olanda è rappresentato da scambi sessuali a pagamento.

Le guerre sono i motori di questi fenomeni: la prostituzione compare laddove vi sono forze di occupazione e, purtroppo, di pace. Scaricate il rapporto “Nessuno a cui dirlo” sugli abusi sessuali su minori da parte delle forze di pace Onu.

La normativa di riferimento in Italia è rappresentata dalla Legge Merlin del 1958, che ha deciso l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e, contestualmente, la soppressione delle case di tolleranza.

Sono in aumento i casi di gravidanze, quindi di IVG, nelle prostitute perché i clienti preferiscono, dietro maggiore compenso, avere rapporti non protetti.

Sono in aumento le minorenni, le cosiddette “bamboline”, spesso analfabete anche nella loro lingua.

Il cliente non è solo l’uomo di mezza età senza relazioni sociali ma si moltiplicano i casi di giovani, e giovanissimi, che si divertono il sabato sera o la domenica dopo la partita. Aumentano anche i casi di padri di famiglia, sposati e con figli, nonché quelli di giovani compagni di donne gravide che nei mesi di gravidanza, soprattutto verso il termine, per paura di avere rapporti con la propria compagna vanno in strada. Disposti a pagare anche per una prestazione velocissima, da 4-5 minuti.

Questo, come lo dicevo all’inizio, ci deve far riflettere. Perché se anche è vero che la domanda è indotta, come in tutti i mercati di questo mondo, è pur vero che c’è chi acquista. Un uomo, sembrano suggerire le ricerche, che si è indebolito rispetto ad una donna che ha, al contrario, sempre più forza ed aggressività. Un uomo violento, a giudicare dalle condizioni in cui spesso arrivano le ragazze (morsi, pugni e non aggiungo altro per non urtare la sensibilità di chi mi legge), e soprattutto un uomo che è disposto a pagare pur di non stare in una relazione dove l’altro ha delle aspettative, delle pretese. Un uomo, e questo giuro che non riesco a capirlo, che non ha rispetto né per il suo corpo, né per quello della compagna. Visto che per i rapporti, su richiesta, non protetti, può contrarre malattie veneree e quindi passarle alla moglie/compagna. Che oltre ad essere tradita, magari prende pure l’AIDS. E non vorrei essere nei panni dei medici di famiglia, magari di entrambi i coniugi, che per segreto professionale non possono rivelare i casi di sieropositività, nemmeno alla compagna che probabilmente, così facendo, contrarrà il virus.

Giuro non lo capisco. E non lo dico per questioni etiche. Ma per amore di un corpo che rispetto anche quando mi fa male, quando la testa mi scoppia a causa dell’emicrania. In quei momenti, forse, lo amo ancora di più. E ascolto l’unico modo che ha per dirmi: FERMATI!

Quindi non capisco. Perché su 9 milioni di clienti non possono essere tutti malati, alcolisti, drogati. C’è in mezzo anche l’uomo comune, con un comune bisogno di rassicurazione sul suo essere uomo.

Non sono in grado di leggere questi fenomeni con la lente della sociologia, ma la situazione mi lascia senza parole.

Ci vedo le conseguenze di un femminismo sbagliato, che ha voluto eguagliare donne e uomini e che ha lasciato entrambi perdenti. Noi perché non abbiamo più tempo di essere donne, mogli e madri. Loro perché non sanno più chi sono.

Ci vedo anche l’assenza di famiglia, aldilà di ogni credo. Una famiglia che faccia educazione ai sentimenti, al rapporto con il proprio corpo, alla sessualità, anzitutto prendendosi il tempo per stare con i figli, fermando una vita che va all’impazzata per amarsi, ascoltarsi, rispettarsi.

Mi sembra assurdo, per quanto necessario, che si parli di corsi di educazione ai sentimenti a scuola. Perché i ragazzini, che hanno i primi rapporti a 12/13 anni, non solo non sanno vivere la sessualità, ma soprattutto non sanno collegarvi i sentimenti che ne potrebbero/dovrebbero fare parte.

Ognuno è libero di vivere la sua vita come vuole, per carità. Ma tra una generazione in cui, solo pochi anni fa, a 12 anni si giocava ancora a Barbies, e una in cui, alla stessa età, si ha già avuto una relazione sessuale c’è un abisso, un vuoto.

Un vuoto lasciato in primo luogo dalle famiglie, dall’egoismo di chi fa figli continuando ad essere quello o quella di prima e non assumendosi le responsabilità di quel che un figlio implica. In primo luogo del tempo e delle energie. Perché abbiamo tutti risorse limitate. E se, per scelta o per dovere, il 90% è dedicato al lavoro, un 10% non basta per fare la spesa, pulire casa, divertirsi con gli amici, fare sport e, spesso in ultima istanza, educare i propri figli. La teoria degli sforzi di Gile (1985) è applicabile, secondo me, a tanti aspetti della vita, non solo all’interpretazione.

Ma l’assunto è che siamo limitati. E questo, in un’era di Oltreuomini e Superdonne, a molti non piace.

9 Responses to “Corso di formazione: sessualità e violenza di genere”

  1. Michele scrive:

    A proposito del sesso come merce di scambio, in particolare tra i giovanissimi, rimando a un’interessante intervista rilasciata a La Repubblica dalla Dott.ssa Vittora Roghi, dirigente scolastica della scuola media di Salò, oggetto, qualche mese fa, di accese discussioni sulla legittimità di non denunciare alle autorità un rapporto orale avvenuto in classe durante l’ora di lezione.

    http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/03/30/news/per_loro_il_sesso_una_merce_di_scambio_i_ragazzi_vivono_come_nel_grande_fratello-3010472/

    Le parole della dirigente, credo, dovrebbero far riflettere.

    _____________
    A proposito del tuo articolo, mi sono sorpreso di vedere Barbies per il plurale di Barbie. Come mai questa scelta?

  2. Emilio Babini scrive:

    Carissima, ho letto con estremo interesse l’intervento e m i permetto qualche osservazione. Ritengo tu abbia ragione (e come sostenere il contrario?) nella ferma condanna del cosiddetto “trafficking”, il traffico di esseri umani che porta ogni giorno donne straniere (spesso minorenni) a prostituirsi lungo una statale, al freddo, al gelo, sotto un sole torrido. Naturalmente in condizioni sanitarie da paese del terzo o quarto mondo.
    Il giro di denaro che ne salta fuori, naturalmente va interamente a beneficio di organizzazioni criminali più o meno note, mafia e gente del genere.
    Ora io credo che qualunque persona sana di mente debba ritenere questa situazione vergognosa ed inaccettabile. Tuttavia non credo che la strada da intraprendere sia la demonizzazione del “cliente” o stupirsi se le cifre appaiono stupefacenti. Per un motivo semplicissimo: la prostituzione non l’abbiamo inventata noi, c’è sempre stata dall’antichità e, piaccia o non piaccia, è la natura umana che favorisce la sua esistenza. E’ sempre la domanda a creare l’offerta, e non viceversa.
    L’unica cosa che è cambiata è la cosiddetta morale comune che ora disprezza (a differenza dell’Antica Grecia, ad esempio) il mestiere della puttana.
    La Legge Merlin a mio parere è la principale responsabile della pessima situazione di oggi: chiudendo i bordelli si è permessa una deregolamentazione del fenomeno aprendo da un lato all’ingresso nel mercato delle associazioni clandestine, e dall’altro all’imbarbarimento delle condizioni sanitarie del rapporto sessuale a pagamento, con gli effetti che vediamo ora. Come ha dimostrato l’esempio statunitense degli anni ’20 (divieto di consumare e vendere alcolici), con il proibizionismo, si ottiene sempre immancabilmente l’effetto di aumentare anziché diminuire il consumo da parte dell’utente.
    Quello che secondo me bisognerebbe fare (ma siamo un Paese troppo cattolico per farlo), sarebbe ritornare ad una regolamentazione del fenomeno prostituzione come in altri Paesi Europei, riaprendo dei luoghi dove si possa legalmente usufruire di prestazioni sessuali a pagamento, con la certezza del rispetto delle norme sanitarie elementari ed anche del corpo della donna. Anche se è una prostituta.
    Sull’argomento ho trovato un articolo interessante, che approfondisce il discorso.
    Bye!

  3. Emilio Babini scrive:

    Ho dimenticato il link! :P http://www.psicolinea.it/c_e/prostituzione.htm

  4. -nico- scrive:

    Caro Emilio,
    rispondo senza articoli interessanti da citare, nè particolari nozioni giuridiche sull’argomento, nè basi scientifiche.
    Rispondo semplicemente da donna che inorridisce di fronte al fenomeno della prostituzione.
    é vero che la prostituzione esiste da sempre, anche da prima dell’antica Grecia; ma è vero anche che le condizioni e la società ora sono cambiate, e che nulla ci vieta di progredire nella direzione di un maggiore rispetto per il corpo umano, il proprio e quello degli altri.
    Se ragionassimo pensando che una cosa che è sempre esistita debba per forza continuare ad esistere, saremmo ancora all’Età della Pietra, non trovi?
    Anche io, come te e come Natacha, inorridisco davanti alla prostituzione com’è oggi in Italia, ovviamente.
    Ma, nonostante questo, da donna, non riesco a dire di essere a favore delle case chiuse.
    Innanzitutto, perchè sarebbe come regolamentare, mettere a norma di legge, l’ennesimo passo indietro nella parità fra i sessi; perchè, per quanto si dica che anche gli uomini si prostituiscono, il fenomeno è nettamente preponderante fra le donne (e se ne trova traccia anche nel testo del tuo commento: “legalmente usufruire di prestazioni sessuali a pagamento, con la certezza del rispetto delle norme sanitarie elementari ed anche del corpo della donna”). Donne che, di nuovo checchè se ne dica, non lo fanno volentieri. Ci sono prostitute schiave, e ci sono prostitute che lo fanno per scelta individuale. Ma credete davvero che quelle che lo fanno per scelta individuale lo facciano volentieri? Che ci godano? Impossibile.
    Passiamo ora alla questione dell’igiene nelle case chiuse: igiene per chi? Ancora una volta, per i clienti (cioè gli uomini). Perchè, mentre le prostitute sarebbero controllate e ricontrollate con analisi del sangue e chi più ne ha più ne metta, i clienti chi li controlla?
    Che si fa, un test HIV all’ingresso?

    E non credo che il problema sia l’essere in un paese cattolico. Io non sono affatto cattolica; anzi, non sono credente in generale, da anni.
    La questione è a monte: è nella sempre irraggiungibile, pare, parità fra i sessi, riconosciuta a livello “formale” e “legale” nella nostra società (e anche su questo ci sarebbe da discutere, ma in un altro momento), ma ancora non radicata nella mente di molti; è questo il cambiamento che serve, la grande innovazione su cui dobbiamo lavorare.

    Perchè non se ne può veramente più di sentire che è il mestiere più antico del mondo.

  5. -nico- scrive:

    torno alla carica, ma cercherò di essere breve.
    Stavo leggendo con calma l’articolo di Psicolinea che hai consigliato, mi limito a copiare e incollare alcune parti,che non hanno bisogno di grandi commenti.

    1- “La prostituta ha il vantaggio non soltanto di essere sempre disponibile nel momento del desiderio, ma anche di essere poi facilmente ignorata, dimenticata, permettendo all’uomo di tornare da sua moglie, alla propria famiglia e di confrontarsi con i suoi imperativi morali e religiosi con una dignità che non ha subito alterazioni.

    Lei però, la prostituta, nonostante la sua riconosciuta ‘utilità sociale’ è disprezzata da tutti, vive da sempre emarginata dal resto del mondo.”

    “UTILITà SOCIALE”! Non so se mi spiego.

    2- “Per tutte queste ragioni, fare la prostituta non appare come una “carriera” desiderabile. Vi sono tuttavia delle eccezioni, dovute ad usi e costumi differenti dai nostri: in Giappone, ad esempio, la prostituzione è riconosciuta e rispettata come un altro qualsiasi lavoro e spesso viene intrapresa dietro consiglio dei genitori, in quanto rappresenta un mezzo per mettere insieme una dote nuziale.”

    “UNA DOTE NUZIALE”. A parte che dubito che nel Giappone contemporaneo si usino ancora le doti nuziali, salvo forse nelle parti più sperdute. Ma non è necessario commentare quanto sia maschilista e retrogada la pratica della dote; decisamente non un esempio da seguire.

    3- “Sembra pura utopia e non a caso stiamo parlando del ‘mestiere più antico del mondo’. ”

    ECCO, APPUNTO.

  6. Emilio scrive:

    Cara Nico,
    ti ringrazio in primo luogo per la risposta ed il contributo alla discussione.
    Inizio precisando che il mio discorso sulla storia non era ovviamente volto alla considerazione che se una cosa esiste da secoli, debba esserci anche in futuro; volevo invece semplicemente dire che la natura umana è sempre quella da millenni e, benché la società progredisca e si evolva sia dal punto di vista giuridico che sociale ecc ecc, l’uomo e le sue pulsioni istintive, così come le sue emozioni e i
    suoi desideri, restano sostanzialmente gli stessi.
    Detto questo, mi sfugge completamente il passaggio logico che collega la riapertura delle case chiuse, alla parità dei sessi. A parte che la prostituzione maschile, seppur di minor rilievo esiste eccome, ancorché meno pubblicizzata e – probabilmente – meno demonizzata, non capisco sinceramente come la riapertura delle case di tolleranza possa segnare un passo indietro nei diritti delle donne.
    L’argomento “parità” – su cui mi sembri insistere parecchio – è senz’altro interessante ed indubbiamente meriterebbe una discussione a parte (magari a seguito di un altro post della nostra blogger ;) ), tuttavia non ne colgo una gran pertinenza con il nostro discorso.
    Non capisco poi come tu possa affermare con tanta certezza che tutte le donne che fanno questo mestiere lo facciano perché costrette o malvolentieri (che poi è la stessa cosa perché se uno è libero di decidere e una cosa non la vuol fare non la fa…). Io ritengo invece che la maggior parte delle prostitute faccia questo lavoro per il motivo che spinge tutte le persone a fare un lavoro: il guadagno. E che una persona debba essere considerata libera di scegliere di farlo senza essere perseguita e/o discriminata.

    Poi possiamo discutere anche degli anni sui motivi che spingono una persona (di qualsiasi sesso) a ricercare il sesso a pagamento, ma all’atto pratico ribadisco che una legificazione del fenomeno è senz’altro necessaria per i motivi che ho già spiegato.

    Saluti.

  7. -nico- scrive:

    sono di frettissima e magari rispondo più tardi con calma.
    Sulla parità:come anche io ho scritto, esiste la prostituzione maschile; ma come mai, rileggendo tutti questi commenti, si parla sempre delle prostitute e non dei prostituti?
    Ammetterai anche tu che, almeno “inconsciamente”, per quasi tutti la prostituta è donna; e anche le case chiuse sarebbero “abitate” principalmente da donne, come conseguenza di questo comune pensiero.
    detto ciò, corro al lavoro!
    N

  8. Francesco scrive:

    Questò il mio lungo, articolato e scentifico commento a proposito della parità dei sessi:

    NON ESISTE

  9. -nico- scrive:

    purtroppo hai ragione, fra!
    ma attenzione alla differenza fra parità e uguaglianza: sono d’accordo che l’”uguaglianza” dei sessi sia una stupidaggine, perchè siamo diversi, ed è giusto valorizzare le differenze.
    Ma la parità, a livello sociale e di diritti, in effetti non esiste, ma è un obiettivo raggiungibile!
    baci a tutti
    N

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