Traduzione e Interpretazione

Toronto: utile e dilettevole

Sono appena tornata dalla Critical Link 7 che si è tenuta a Toronto, Canada. Per me che sono a cavallo tra vita accademica e libera professione, il mix offerto è stato tutto sommato soddisfacente, ma per chi vi assisteva/presentava principalmente con scopi di ricerca, la cosa deve essere risultata un po’ deludente. Pochi nomi grossi rispetto alle edizioni passate, e molto spazio riservato alla promozione di prodotti e servizi piuttosto che a questioni teoriche attualmente dibattute.

Quanto alla mia presentazione, onestamente non mi aspettavo una tale affluenza. “You didn’t expect to be so famous” – come mi ha detto Ozolins, che è tra quelli che sono rimasti senza hand-out (visti i 400 iscritti e le 9 sessioni parallele, gli organizzatori mi avevano detto di stamparne 30. Ne avevo 40 copie, just in case, eppure non sono bastate.. il che significa che mi sono aggiudicata una bella fetta di partecipanti ;)

A latere del convegno, sono pure riuscita a visitare la città.

Una sera sono andata a teatro a vedere una pièce bilingue (francese-inglese) . C’era anche la possibilità di avere un’interpretazione simultanea e in certi momenti mi sono quasi pentita di non aver preso le cuffie, perché il francese canadese è davvero assurdo e giuro che stentavo a capire alcuni dei personaggi!

La sera successiva sono andata downtown, concedendomi un po’ di relax alla sugar beach che dà sul lago. A parte quel piccolo angolo di paradiso, devo dire che la città non mi ha entusiasmata. Avevo come una sensazione di déjà-vu e non l’ho percepita come particolarmente originale.

Originale è stata però l’attività che ho fatto l’ultima sera: il quilting. Per chi non sapesse di che si tratta (io ignoravo completamente la cosa fino a due giorni fa e dal mio piccolo sondaggio tra gli studenti canadesi del campus i canadesi stessi non ne sono a conoscenza) è un ritrovo tra persone della comunità che insieme cuciono, pezzo dopo pezzo, delle grandi coperte trapuntate. La cosa è aperta a tutti, anche a chi non ha mai preso in mano un ago e un filo, e con spirito davvero comunitario ci si aiuta a tagliare e cucire quelli che loro chiamano log cabin. La progressione delle stoffe e l’alternanza di colori caldi e freddi hanno un chiaro significato simbolico e il fatto di contribuire, insieme, ad un progetto che esula da uno scopo meramente individualistico, contribuisce all’empowerment femminile.

Ero piuttosto scettica, devo ammetterlo, ma ora ringrazio la collega che mi ha convinta a partecipare. Perché mi sono davvero divertita, rilassata, e perché ho provato un vero senso di fierezza nel lasciare lì il frutto del mio lavoro. Per ringraziarci, le custodi del museo in cui si svolgeva la cosa, ci hanno persino fatto fare un tour della Mr Gibson House, un gioiello in mezzo a tanti grattacieli, e una casa che ancora vive grazie alle attività che vi vengono svolte, nel pieno rispetto dello spirito del tempo. Tanto per farvi un esempio, quando si creava la fila all’unica macchina da cucire che tutti dovevamo usare per cucire insieme i pezzi di stoffa nell’ordine prestabilito, si poteva andare nella cucina del museo, dove c’erano del tè e dei biscotti serviti in tazze e piattini di ceramica blu e bianca, gli stessi che apparecchiavano la tavola dei Gibson in un’altra ala del museo. Questo non è che uno dei modi che adottano per tenere la casa in vita, ma credo vi dia l’idea di quanto questo museo fosse diverso da quelli che tipicamente si trovano in Italia, dove delle corde/grate/vetrinette impediscono di toccare gli oggetti, di sedersi sulle sedie, di vivere l’aria del tempo.

Non so se è perché in Italia c’è un eccesso di patrimonio da salvaguardare, ma personalmente non ho mai la sensazione che venga davvero valorizzato né che si aiuti la gente “presente” ad avvicinarsi davvero al passato.

Me ne torno a casa, quindi, carica di entusiasmo e positività, e ringrazio chi ancora una volta si è assunto i miei compiti di mamma e donna di casa per lasciarmi a possibilità di andare in giro per il mondo :-P

A buon rendere!

2 Responses to “Toronto: utile e dilettevole”

  1. beata te che hai avuto tempo anche per un po’ di relax.
    io ho passato tutto il tempo a lavorare al panel e non ho avuto neanche il tempo di sentire varie cose che mi interessavano (compresa la tua presentazione, unfortunately…).
    sulla conferenza in sé, condivido le tue perplessità, se possibile anche un po’ amplificate…
    ciao ;-)

  2. Natacha scrive:

    Però ne è valsa la pena, Sergio, perché il vostro panel è in assoluto la cosa più interessante che io abbia ascoltato (ahimé con una piccola interruzione, perché si accavallava con Ozolins, che non volevo assolutamente perdermi). Ora non vedo l’ora di leggere il volume a cura tua e di Elena!

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