Tra le varie cose che ho fatto quest’estate c’è anche la recensione di un bellissimo volume sull’interpretazione dialogica per una rivista di settore. Vi dirò che l’attività mi è piaciuta molto: mi hanno spedito il libro gratuitamente a casa, mi hanno consentito di scegliere la lingua di redazione, e per mia fortuna il volume era davvero interessante.
Quindi perché non replicare con un’altra “recensione”? A dirla tutta il caso del libro che dà il titolo a questo post è un po’ diverso, nel senso che me lo sono comprato autonomamente su Amazon e che nessuno mi ha chiesto di recensirlo. Si tratta però di una collettanea del tutto speciale che merita davvero di essere pubblicizzata, perché rappresenta un unicum nel panorama letterario sia italiano che belga.
A suo tempo mi era stato chiesto di partecipare con il racconto della mia esperienza di italo-belga, ma per una serie di motivi non sono purtroppo riuscita a farlo. Questo breve scritto è quindi un modo per apportare, ex post, il mio piccolo contributo, e per ringraziare Hugues Sheeren per la passione con cui ha messo insieme le voci di tante persone con le quali condivido quella che per alcuni è solo una patria, per altri la propria casa.
Notevole è l’introduzione con cui Sheeren dà il la ad un volume trilingue (francese, italiano, fiammingo), spiegando il senso di questa molteplicità linguistica, così come delle tracce di italianismi e gallicismi che sono state volutamente lasciate nelle testimonianze che si susseguono. Queste tracce sono infatti il riflesso di una doppia appartenenza che caratterizza chi, come me, è tornato nel paese che i nonni avevano lasciato dopo la seconda guerra mondiale. Sono il segno tangibile di un entre-deux che talvolta dilania, dato che come canta giustamente Stromae non si è “ni l’un ni l’autre”, mentre talaltra diventa motore di apertura e tolleranza, verso se stessi ancor prima che verso gli altri