Traduzione e Interpretazione

Seconda giornata di convegno sulla Mediazione

File:Cutlime.jpg

Convegno organizzato dal LAIM

Eccovi un sunto della seconda giornata del convegno organizzato dal dipartimento di Scienze del Linguaggio e della Cultura dell’Università di Modena e Reggio Emilia, cui hanno preso alcuni conversazionalisti italiani ed una cerchia ristretta di docenti, studenti e dottorandi interessati all’argomento.

Questa volta non scrivo dal treno, ma rimetto mano ex post agli appunti presi direttamente al computer venerdì 15 maggio scorso. Se la lettura vi sembra difficoltosa e lo stile troppo telegrafico, non esitate a criticare quello che non è che un tentativo e tornerò alla mia scrittura dal treno :)

Giolo Fele (Trento), Una ricerca sull’interazione istituzionale: le interazioni presso il 118

Quella di Fele è stata una presentazione multimodale, un incontro operativo fatto di DATI e interazione con i partecipanti.

Dopo aver ammesso di non occuparsi di mediazione ma di comunicazione interculturale e di ambito istituzionale, Fele ha introdotto l’argomento delle comunicazioni in entrata e uscita dal centro operativo 118.

Delle 40 ore di videoregistrazione fatte in Trentino, Fele ci ha portato 4 casi interessanti di gestione dell’emergenza, dove si osservava in maniera molto evidente il rapporto nativo-non nativo. Nella fattispecie:

1) CASO PRIMO
Incomprensioni da gestire sull’indirizzo preciso dove mandare l’ambulanza.
Persona non nativa, confermata anche dal fatto che chiama prima la questura, che poi passa la chiamata al 118
Feedback da Zorzi (che a sua volta analizza chiamate al 118 di Forlì, e mette quindi in luce le differenze di gestione fra centrali operative diverse), Bersani Berselli, Gavioli, Orletti (che porta il caso romano, dove fondamentale è rispettare le procedure per accorciare i tempi), Vincent Marrelli, Operatrice AUSL di Reggio Emilia (che conferma, sulla base della sua esperienza personale, che le prime cose da chiedere sono indirizzo e numero di telefono. Rispondere al telefono è molto difficile quindi sono organizzati veri e propri corsi anche per i volontari).

2) CASO SECONDO
Caso di una badante (russa o ucraina) che chiama per la signora anziana che sta male. Evidentemente non nativa, la badante è comunque preparata dal punto di vista medico, perché in grado di informare sulla pressione e le condizioni della signora.

3) CASO TERZO
Dialogo tra guardia medica e persona che chiama (arabofona).
Problema di capire se la persona fa sul serio e in che cosa il comportamento verbale dell’operatore è inadatto/inopportuno per il tipo di servizio.
Feedback di Morelli (che insiste sul bisogno di approfondire questi tipi di dati su una mediazione che è tale anche se manca il 3° partecipante. Anche nel caso della badante, c’è negoziazione del significato, anche se il suo ruolo istituzionale non è quello di mediatrice). Ribadita l’importanza di fare la differenza tra immigrato e turista. Incalza Iervese, sottolineando come, oltre alla funzione di prestare soccorso, c’è sempre l’idea di andare a verificare l’attendibilità/veridicità della narrazione. Interviene infine anche Laurie Anderson.

4) CASO QUARTO
Turista che parla solo inglese. Ho dato un’occhiata veloce ai dati e la prima cosa che mi è venuta in mente, leggendo l’inglese incespicante dell’operatore, sono le chiamate ai tassisti mandate in onda da Radio deejay :)

A seguire, una discussione sulla mediazione e sul cosa si intenda per tale. Le incomprensioni sono dovute, come nella giornata precendente, al fatto che ciascuno riempie l’etichetta “mediazione” con elementi diversi e talvolta non coincidenti.

Piera Margutti (Perugia stranieri), Aspetti della traduzione e della mediazione nell’interazione

Report di un gruppo vasto, tra cui Anna Ciliberti (che figura in programma) e Laurie Anderson (che è presente al seminario).
Conversation Analysis + approcci etnografici
Non nascono come analisti della mediazione ma come conversazionalisti che analizzano l’interazione (tra cui mediazione sia “spontanea” che mediata da interprete).

Quasi tutti i dati sono video, quindi grande è l’attenzione alla gestualità e a come questa influenza la comunicazione.
Filo conduttore: lingue e culture diverse a contatto, in contesto in cui studenti sono sensibili a meccanismi di comunicazione tra stranieri.
Varietà di contesti: contesti istituzionali, educativi, medici (con e senza mediatore), ordinari (es pranzi)
Forte multimodalità del corpus, quindi problema della selezione di cosa trascrivere.

Progetto Osservatorio dell’Università di Perugia:

1) interazione in classe con insegnante che opera una “mediazione” in senso largo: classe vista come ambiente comunicativo, con una propria cultura che entra in contatto con quella della famiglia, dello straniero etc. Per un approfondimento vedi:
Discorso e apprendimento (2005), Roma: Carocci
Le lingue in classe (2003), Roma: Carocci

2) gli italiani all’estero: 6 famiglie italiane residenti a Melbourne, registrate in contesti ibridi tra ordinario e istituzionale
Spezzone di dati video, italiano napoletano e triestino + switch continui it-en: diverse generazioni, identità, lingue e culture a confronto con it come lingua veicolare
Tra i temi: cibo, confidenze (tema del coinvolgimento), esibizione discorsiva, commutazione di codice, difficoltà linguistiche

3) consultorio per donne straniere a Forlì (6 visite pediatriche e ostetriche con mediatrice e 9 senza)
NB IMPORTANTE CHIDERE IN SEDE DI REGISTRAZIONE LA PROVENIENZA DEI PAZIENTI SE NON EMERGE DAI DATI [questo lo scrivo anche per me stessa]
gestione di visite con rom, che arrivano in gruppo
gestito anche il cinese, trascritto (traslitterato) e tradotto
problema della perdita eventuale di marcatezza in lingue che non conosciamo e di cui, soprattutto, non conosciamo i fenomeni marcati
ruolo del mediatore e modalità sembrano cambiare a seconda dell’incontro: se l’incontro è “ostetrico”, la mediatrice conosce bene l’argomento e fa il ruolo del medico, mentre in casi di urgenza non lo fa
confronti con dati raccolti in Messico
tentativo di analizzare dati al consultorio per stranieri di Perugia

Discussione sulle problematiche non solo linguistiche ma culturali (es il fatto che il bambino cinese sia accompagnato dal padre = struttura patriarcale; il fatto che bambino, che pur parla italiano, non viene coinvolto = statuto di partecipazione dei parlanti).

Importanza del ruolo del medico, perché sta a lui controllare se ha ottenuto la risposta che voleva avere, quindi se la domanda è stata posta bene. Lo stesso dicasi per il paziente, che ha altresì il “compito” di controllare se e come arrivano le informazioni.

Falbo commenta: il problema vero talvolta sta nel mediatore, in cosa e come traduce, nel fatto che cambia gli atti linguistici e quindi dà una piega diversa a discorso.
Più che una questione interculturale è una questione di mancanza di consapevolezza da parte del mediatore, che potrebbe in parte essere ovviata con interpreti formati.

Laura Gavioli (Modena e Reggio Emilia) e Daniela Zorzi (Bologna-Forlì), Ricerche sull’interazione mediata svolte fra Arezzo-Forlì-Modena-Perugia: spunti e riflessioni

Laura ha introdotto il discorso facendo una panoramica su quanto fatto fino ad ora e con chi:
Cooperativa integra di Modena
3 proposte di PRIN 04,06,07
Da 2006 contatti con AULS di Reggio Emilia
Dati audio raccolti con tutti i mezzi a disposizione (tirocinanti, laureandi, dottorandi etc.)
Consenso informato ma non firme

Dati legali (15 interazioni presso CPT, it-en, interprete con formazione accademica) e dati medici (italiano-arabo; italiano-cinese; italiano-inglese).

Per darvi un’idea di quanto è stato raccolto in ambito medico, nelle tre coppie di lingue menzionate sopra:

5 ore (30 interazioni)
12 ore (57 interazioni)
14 ore (92 interazioni)

Interazioni vanno da 20 sec e 1h50

Del corpus fanno anche parte:
10 interazioni registrate nella provincia di Rimini (Bersani Berselli)
3 interazioni in un centro privato (Amalia Amato)

Zorzi è poi scesa nel dettaglio, recuperando le motivazioni di una ricerca che è tuttora in fieri.

In passato – ha detto – c’era un grande paradosso: gli studi sull’interpretazione orale non andavano in nessun modo ad incidere sulla formazione dei futuri interpreti.

Si è quindi cominciato a lavorare sull’oralità e sui dati reali (con immane difficoltà per via della generale non disponibilità degli interpreti a farsi registrare).

Come Wadensjo ha del resto puntualizzato, è emersa un’ideologia dell’interpretazione che va di pari passo con una pratica dell’interpretazione che scardina i principi teorici (ad esempio quello della neutralità).

A questo proposito, la ricerca si propone tra l’altro di dimostrare che l’interprete è un partecipante ratificato e non un ponte come si soleva pensare in passato.

Due sono le dimensioni indagate:
- azioni dell’interprete in relazione a ruoli attivati
- interazione triadica nel suo complesso

Quello che emerge dai dati raccolti è che l’interprete non traduce affatto TUTTO quello che dicono parlanti primari ma decide:
- cosa tradurre
- come farlo

Dati sono ricchi di iniziative (something more than interpreting), tra le quali:
- azioni linguistiche: iniziative discorsive (consigli, rimproveri etc)
- azioni non linguistiche

Nella triade (medico-interprete-paziente) il paziente si sente pochissimo, lui sembra essere il parlante invisibile, con un mediatore che talvolta lo sopprime (affiliazione con medico) talaltra si allinea con lui.

La ricerca vuole poi indagare la dimensione relazionale, che è, per dirla con i toni informali del convegno, “un casino enorme”. Tra le possibili linee di ricerca seguite troviamo:
- affettività in generale (Gavioli, dati medici)
- coinvolgimento/distacco (Ciliberti, dati medici)
- affiliazione/disaffiliazione (Zorzi, dati legali)

Si ragiona su fenomeni che diverse discipline hanno chiamato in modo diverso, quindi il problema metodologico e terminologico è molto forte. Per ora vige il “il do a questo termine questo valore” in maniera tale che chi legge possa capire.

Prima di concludere e lasciare spazio al dibattito finale, Zorzi ha per così dire tirato le fila del discorso, chiedendo a se stessa e ai presenti cosa trattenere di queste giornate.

Innanzitutto, che non ci sono idee chiare e strumenti operativi per distinguere il mediatore dall’interprete (sotto alle due etichette c’è di tutto, il che è dimostrato dall’accesa discussione tra Francesco Straniero e Claudio Baraldi di ieri).

Anche sul “traduco tutto” c’è da ridire, perché in certi contesti è auspicato addirittura il contrario, visto che medici e giudici spesso non vogliono che venga tradotto tutto, perché così vanno a casa prima.

Ci sono pertanto alcune hot question da tenere a mente:

- capire se distinzioni terminologiche (mediatore, interprete, facilitatore, community interpreter etc.) corrispondono a figure professionali diverse. Quello che è certo è che a seconda del contesto FANNO cose diverse.

- non ci sono certezze ma sicuramente un elenco dei problemi!

Discussione delle idee presentate il giorno prima alla luce della discussione avvenuta durante il seminario e conclusione

In conclusione, lasciatemi esprimere il mio entusiasmo all’idea di essere parte, nel mio piccolo, di un progetto così vario, ampio ed articolato. Lasciatemi ringraziare, oltre agli oratori che hanno già avuto il loro momento di gloria, tutti i partecipanti più silenziosi a questo convegno davvero ben riuscito:

Amalia Amato, Laurie Anderson, Guy Aston, Giuseppe Balirano, Viola Barbieri, Gabriele Bersani, Amelia Ceci, Letizia Cirillo, Federica Comastri, Ilaria Dall’Asta, Federico Farini, Vittorio Iervese, Paola Nobili, Rosa Pugliese, Benedetta Riboldi, Elisa Rossi, Eleonora Sciubba, Joce Vincent Marrelli, Federico Zanettin.

Leave a Reply