Traduzione e Interpretazione

Nuova categoria “Communicating Across Languages”

Non diversamente da quanto è successo per la categoria viaggi, anche questa sezione è nata da un’idea che ha trovato conferma nelle pagine di un libro.

Da diverso tempo, ormai, rimuginavo sul fatto che la comunicazione va ben aldilà delle parole e che, spesso, proprio questo “aldilà” determina piccole o grandi incomprensioni tra persone che, magari anche parlando la stessa lingua, non riescono a capirsi.

Lavorando come interprete e studiando come dottoranda, di queste incomprensioni ne ho accumulate un bel po’ e in diversi mi hanno fatto notare che non di rado mi capita di raccontare piccoli brevi aneddoti sul mio lavoro e sulle difficoltà e le stranezze della comunicazione interculturale. Allo stesso modo, pensavo, potrei raccontare questi aneddoti ad un pubblico più ampio, facendo riflettere e magari sorridere persone che, come me, si interessano di lingue, cultura e comunicazione. Ma pena il fatto di non essere capita e di esser criticata per la non scientificità di queste storie, non ho mai dato seguito ai miei pensieri.

A dare il la a questa nuova sezione è stato Communicating across cultures di Ting-Toomey, autrice che di questi aneddoti ha fatto un libro e una sistematizzazione teorica.

Ora, io non ho certo questa ambizione, ma leggendo tra le righe del suo volume mi sono detta che forse può valere la pena di pubblicare, a scadenza settimanale, un racconto breve di una curiosità, coadiuvato, quando è possibile, da un riferimento bibliografico per quanti desiderano approfondire la cosa in maniera meno aneddotica.

Consapevole del fatto che conoscere l’Altro aiuta a meglio conoscere anche se stessi, considero questa sezione un’opportunità per raccogliere sguardi diversi sulla comunicazione tra lingue e culture.

Vi invito, pertanto, a commentare i post, a condividere vissuto e conoscenze, a contraddire generalizzazioni che non trovano riscontro nella vostra esperienza, a costruire, in sostanza, una sezione a tante mani che possa rendere conto delle altrettante sfacettature della comunicazione.

Prima di darvi appuntamento alla prossima settimana per la prima curiosità, mi preme sottolineare che racconterò questi aneddoti nello stesso modo in cui li racconterei a degli amici intorno ad una tavola, quindi senza nessuna pretesa di scientificità.

Più che una riflessione strutturata su un’esperienza diretta o mediata, saranno piccole storie dall’incipit: “Lo sapevate che…?“, di quelle che capita a tutti di raccontare a tavola o al bar quando nessuno ha niente di interessante da dire, o quando una parola, un’immagine, un suono vi proiettano, come una madeleine, nel mondo dei ricordi, di quelli che poi avete voglia di condividere.

Un professore di interpretazione mi diede, un giorno, della Storyteller. Non era un grand complimento, visto che riferito ad una delle mie prime esercitazioni di simultanea. Ma ad oggi questa etichetta mi piace, e starà a voi confermare se lo sono davvero, magari raccontandola anche voi, la vostra storia

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