Traduzione e Interpretazione

Formazione formatori: Public Speaking e gestione dell’aula

Dopo aver lasciato passare qualche giorno, necessario per metabolizzare il corso e gustarne da lontano tutti gli effetti positivi, eccomi pronta a raccontarvi cosa mi ha impegnata negli ultimi due sabati.

Contrariamente a quanto succede un po’ ovunque, dove diminuiscono gli investimenti sulla ricerca e la formazione, a Cesena si leva una voce contraria. Quella del Centro Linguistico e di Silvia Fabbri, che coordina le attività e i docenti del centro come un team interattivo, come una famiglia regolata dalla collaborazione e non dalla competizione.

Per rendere la squadra ancora più unita e vincente, Silvia ha pensato bene di organizzare un corso di public speaking e gestione dell’aula. Un corso che fosse anzitutto un’occasione per stare INSIEME, per conoscere i diversi anelli di una catena che è forte perché si appoggia sul piccolo contributo di ciascuno.

Così sabato 22 novembre ci siamo ritrovati tutti (insegnanti di inglese, francese, russo, spagnolo, portoghese, arabo etc.) in una piccola aula che anche solo per la disposizione dei banchi favoriva la comunicazione. Tutti a semicerchio, con i nostri nomi sul banco per poterli facilmente associare ad un volto, prima sconosciuto, poi piano piano amico.

Tutti desiderosi di conoscere la persona che ci avrebbe guidati in questa avventura. O meglio, la persona che l’avrebbe vissuta con noi. Perché questo è stato lo spirito della Dott.ssa Elisabetta Rustignoli dello studio Sophia Consulting, che prima di essere Psicoterapeuta, Consulente Specialista in Orientamento Professionale, Executive Coach, Formatore Senior, esperta in Comunicazione, Formazione Manageriale e Selezione del Personale è una donna sorridente e diretta che ha da subito messo le cose in chiaro.

Il metodo che adotteremo – ci ha detto subito – sarà induttivo. Quindi niente slide noiose, niente teoria astratta, ma voi e le vostre opinioni, impressioni, sensazioni. Poi, da queste, una teoria che affondi le sue radici nel vissuto di ciascuno.

Così si è inaugurato il primo incontro, che si è concentrato in particolare sulla comunicazione. Si è anzitutto messo in evidenza come il 93% di quello che comunichiamo sia non verbale e solo il 7% verbale. Non è tanto importante cosa dico, quindi, ma come lo dico.

Componente essenziale della comunicazione non verbale, oltre al come si dicono le cose, è quale tipo di relazione instauriamo con il nostro interlocutore o con la classe alle quale insegniamo. Se la relazione è quella giusta – diceva Elisabetta – per assurdo potremo anche permetterci di dire qualcosa di sbagliato, di non essere al top in qualche occasione, e la classe comunque risponderà positivamente. Se la relazione invece è sbagliata, per quanto interessante la comunicazione non passerà. Il punto non sarà chiedere ad un corsista “te lo ripeto?”. Il punto sarà valutare se la relazione instaurata è quella giusta per mantenere vivo l’interesse della classe (un interesse che è soggetto ad una curva dell’attenzione che vede il primo calo dopo circa venti minuti e poi ogni cinque).

In sostanza, la comunicazione sarà sempre e in primo luogo una costruzione di ponti relazionali, unitamente al tentativo di mantenere vivi questi ponti nel tempo e con tutti. Pena la sindrome “abbandonica” che colpirà gli esclusi, coloro che magari sono ai margini della classe e il cui sguardo mai incrocia quello dell’insegnante.

Una volta discussi questi punti, abbiamo messo in pratica quanto affiorato facendo una presentazione di noi stessi. Abbiamo immaginato di fare il nostro ingresso in una classe ipotetica e di introdurre il nostro corso di lingua. Il tutto sotto gli occhi attenti degli altri, che compilando anonimamente delle schede di valutazione ci hanno comunicato il loro giudizio. Un giudizio positivamente critico, di quelli che non vengono dati per fare male o smontare una persona,q quanto piuttosto per farla crescere.

Il primo incontro si è concluso sulle emozioni. Il saper fare infatti si sposa sempre, in classe e in altri contesti di public speaking, con il saper essere. E saper essere significa anzitutto essere padroni delle proprie emozioni, sapendole modulare a nostro piacimento a seconda dell’occasione e del momento. A tal fine abbiamo provato la tecnica dell’ancoraggio, che fa leva sul fatto che il cervello non distingue tra stimolo immaginario e reale, quindi reagisce allo stimolo e si sintonizza. Connettere il cervello su situazioni positive e riuscire ad attivare lo stato d’eccellenza che comportano quando e dove vogliamo, può essere uno strumento utile per entrare in classe sempre al top e riuscire a dare agli studenti il massimo di noi stessi.

Nel secondo incontro di sabato 29 si è continuato a lavorare sulle emozioni. Non più ancoraggio ma visualizzazione creativa, ovvero quasi 30 minuti di rilassamento guidato e meditazione che ci hanno permesso di connetterci con la parte subconscia della mente, lì dove spesso si annidano i nostri meccanismi di reazione e le nostre abitudini negative.

Sempre facendo leva sul fatto che la mente non distingue fra un evento realmente accaduto ed un evento immaginato, abbiamo potenziato la nostra auto immagine di formatori e poi discusso le nostre impressioni. C’era chi non era riuscito a rilassarsi, complice una mente che continuamente si ripeteva “ma che cavolo sto facendo?”. E c’era chi, come me, era riuscito a lasciarsi andare, tanto che i muscoli erano più rilassati, la mente più sgombra, il respiro più calmo. Tanto calmo che, qualcuno ha commentato, questo non è forse il metodo migliore per caricarsi prima di una lezione. Io stessa devo ammettere che dopo la visualizzazione ero emozionata, scombussolata dalle forti emozioni provate. Di certo non carica per dare il massimo di me stessa in classe.

Cosa invece che si è per tutti rivelata utile è stata la domanda “perché mi rallegro?”. Elisabetta ci ha chiesto di condividere almeno 5 motivi per i quali ci rallegravamo. Dopo aver fatto il giro della “classe” ci siamo resi conto di come il nostro stato d’animo fosse palesemente cambiato. Quella sola domanda era stata in grado di scatenare reazioni positive, di innescare una spirale di positività che ci siamo portati dietro per il resto della lezione.

Positività ulteriormente rafforzata dalla domanda successiva: “Quali sono 5 cose che mi piacciono di te?”, dove il TE era, sabato, uno dei nostri colleghi. Dove il TE potrebbe essere, se si immagina una classe, un corsista particolarmente problematico, una persona che ci irrita, un alunno che ci indispone. Andare in classe dicendosi “Oddio, che stress, devo andare in QUELLA classe” non aiuta certo a sintonizzarsi su pensieri positivi. E per quanto con professionalità cercheremo di dare il meglio di noi, a livello non verbale sicuramente passerà il nostro malessere, la nostra negatività. Basta una domanda, e lo sforzo di trovarvi una riposta anche quando la persona che abbiamo davanti non ci va proprio giù, per trovare l’atteggiamento giusto.

Il secondo incontro si è concluso con del public speaking, che era poi il motivo di questo corso. Ciascuno di noi si era preparato a casa 5 minuti di discorso su un argomento a piacere. Ancora una volta sotto gli occhi di tutti, abbiamo parlato e cercato di mettere in pratica quanto appreso. Ad ogni intervento, Elisabetta ci chiedeva di fare attenzione a qualche elemento. Nel mio caso, ad esempio, dovevo stare attenta alla postura, elemento fondamentale quando si parla in pubblico, e al silenzio iniziale. Entrare in classe e fare silenzio prima di iniziare a parlare è una strategia vincente per dare importanza a quello che segue, per assicurarsi che tutti stiano a sentire.

Ho parlato per 5 minuti di dailynterpreter, spiegando davanti agli altri e alla telecamera, quale fosse il senso di questo blog. La conclusione del discorso è stata seguita da un applauso e, questa volta, da una discussione di quanto di buono c’era, nella mia come nelle altre presentazioni.

L’incontro si è quindi concluso su una nota positiva, non più sui nostri limiti e sugli aspetti che dobbiamo migliorare ma su quello che di buono c’era nella presentazione di ciascuno di noi. Perché è vero che bisogna essere consapevoli di quello che non si sa, o non si sa fare, ma talvolta è buona cosa anche fermarsi, guardarsi indietro, e vedere quello che abbiamo già conquistato.

Vi lascio dicendovi che da sabato mattina ho una gran carica, che me ne sono tornata a casa con uno sguardo diverso, con un atteggiamento positivo. Ringrazio quindi Silvia per aver organizzato il corso, Elisabetta per averlo tenuto, e ciascuno dei partecipanti per averci messo del suo.

Spero che la mia pubblicità di sabato mattina sia servita a qualcosa e che magari qualcuno di loro commenti il post. In fondo questa non è che la mia voce, sarebbe bello avere i feedback anche degli altri..

4 Responses to “Formazione formatori: Public Speaking e gestione dell’aula”

  1. elisabetta scrive:

    Cara Natacha!
    Che meraviglia!
    Voglio ringraziarti personalmente per questo tuo scritto così denso e pieno di energia!
    E’una gioia e un onore professionale per me aver suscitato queste riflessioni così autentiche e spontanee!
    Vorrei dirti che le due giornate passate insieme sono state foriere di nuove idee, spunti e stati di peack-experience per la mia prossima formazione d’aula, ma soprattutto con voi MI SONO DIVERTITA!!!
    Siete un gruppo molto bello e stimolante e son certa che questo sarà solo l’inizio di un percorso di crescita personale che potremo creare tutti assieme!
    Sei mitica!
    Ti ringrazio e per dimostrare la mia stima ti ho messo un link nella mia home page!
    Un abbraccio e un caro saluto a prestissimo!
    Elisabetta

  2. Petra scrive:

    Che dire: una vita spesa per l’educazione: è forse questo il messaggio, il senso, di questo blog e degli incontri che hai seguito al Centro Linguistico? E se è così apprezzo lo sforzo comunicativo di questo sito e di chi come te si impegna a condividere e a disseminare conoscenza. Soprattutto mi carica sapere che c’è chi – ancora – si pone la domanda: come fare per comunicare al meglio il mio sapere, quindi, le mie emozioni?; chi si sforza di trovare una risposta alla domanda “Quali sono le 5 cose che mi piacciono di te ?” Credo, che se ciascuno, si sforzasse di trovare ogni giorno, in ogni istante l’atteggiamento giusto, dunque, positivo, convivremmo anzichè tollerarci, talvolta.
    Ti cito: ma questa non è che la mia voce…

  3. federica scrive:

    Quando il prossimo incontro? Peccato, arrivo sempre tardi. Federica :-)

  4. Clara Pignataro scrive:

    Ciao,
    ti leggo e mi riempio di emozione ed energia. Grazie per le informazioni che condividi con noi.
    Sono una collega, interprete di conferenza e docente presso IULM di Milano: il tuo blog è davvero molto interessante e mi piacerebbe provare a tenerne uno per condividere con studenti e colleghi gioie e dolori. La voglia di condividere è forte, il tempo manca….
    A proposito del corso di gestione dell’aula, a quando il prossimo?
    un caro saluto,
    Clara

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