Traduzione e Interpretazione

Lezioni del 16 aprile: Alessi-Thompson

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UNIMORE

10.00-12.00: Glen Michael Alessi, Technical English: the practice of audience and norm-driven writing

15.30-18.00: Paul Thompson, Lecturers talking, students writing

Reduce da una serie di impegni traduttivi ed interpretativi, e dallo splendido soggiorno a Parigi che passerò sotto silenzio (quando i sogni diventano realtà la parola tace), eccomi al consueto appuntamento con le lezioni di dottorato.

Della giornata di oggi vi racconterò solo la prima parte. Quanto fatto con il Professor Thompson dell’università di Reading nel pomeriggio rientrerà, infatti, nel resoconto di domani. Così quello che ci ha trasmesso nell’arco di due giorni sarà condensato in un unico post.

Dopo essersi presentato il professor Alessi ci ha chiesto quali fossero i nostri research field, le nostre passioni. Per ciascuno di noi ha dato un fertile feedback, cercando di ricongiungere la sua esperienza in Genre Analysis, Teaching, Applied Linguistics ed e-learning con quanto stiamo studiando.

Visto che il professore manderà via mail, anche agli assenti se glielo chiedete, le slide presentate oggi, non penso sia il caso di raccontarvi quello che è emerso per filo e per segno.

Condivido semmai alcune parole, frasi, impressioni e pensieri.. food for thought per chi di voi traduce, interpreta, revisiona testi o ha comunque a che fare con la Technical Communication (TC), alias una “norm governed comunication” che si preoccupa di stabilire “the soundness of a text with respect to the intended audience” (in other terms, is it acceptable?)

“It’s important to take what we do with language on a notional level”

“TC can be applied to a variety of fields” (e.g. deck editing = la revisione di slide di oratori per convegni)

Esiste una forte correlazione tra testo e immagine, soprattutto se si pensa ai sign. Dal confronto tra pannelli e indicazioni americane e italiane emergono forti differenze, soprattutto nell’utilizzo, nei sign newyorkesi presi in esame, di un linguaggio “giovane” e spesso intelligibile solo per i native speaker di quella specifica community. Questo vale, ad esempio, per:

- to idle (da cui il sostantivo idling) = sostare con la macchina accesa
- stash = mettere
- gear = roba (per cui stash your gear = metti la tua roba)

È emerso altresì un linguaggio molto diretto ed ironico, che non sarebbe traducibile e ammissibile in italiano. È il caso del cartello con scritto:
don’t even think of parking here
con cui The Department of Transportation di NY scoraggia il parcheggio in un determinato punto. Lo fa “mirroring the spoken code” e cercando la cooperazione degli utenti.

Di particolare interesse, almeno per me che mi scontro ogni giorno contro la necessità di tradurre/riscrivere testi turistici italiani per un pubblico anglofono e francofono, è stata poi la riflessione sulle etichette dei vini: mentre in italiano abbondano aggettivi che in un certo qual modo lusingano il bevitore – presunto esperto di corposità, bouquet e quantaltro – in inglese (americano) abbondano le indicazioni su che cibi abbinare ad un determinato vino.

“Paese che vai, etichetta che trovi” – ironizzava Alessi :)

Questa differenza non fa altro che confermare quanto ripeto da tempo a clienti non sempre consapevoli di quello che tradurre un sito significhi. Lungi dall’essere una trasposizione parola per parola – quella che tanto spesso loro cercano per controllare, poveri illusi, la fedeltà di una traduzione – la traduzione è preliminare osservazione di come all’estero si presentano gli stessi contenuti.

Un buon traduttore è, per dirla con Alessi, un “information architect”, una persona in grado di costruire un testo che contenga le stesse informazioni, ma che corrisponda ai dettami costruttivi di lingue e culture diverse.

Un traduttore è colui che sceglie consapevolmente tra “don’t” e “do not”, perché sa che il secondo è molto categorico mentre il primo tende verso il consiglio.

È colui che si pone il problema di come tradurre al meglio, a seconda del contesto, la frase “tutte le persone

-    all persons
-    all people
-    every person
-    se avete altri traducenti commentate il post!

Un buon traduttore si pone il problema perché sa che il primo è generico e inclusivo al contempo, mentre il secondo è solo generico e il terzo “individualista”.

Pur sapendo che questa consapevolezza non è mai al capolinea, ma che si tratta piuttosto di un processo in fieri, il buon traduttore è colui che progressivamente affina i suoi ragionamenti e umilmente accresce la sua conoscenza.

Il cattivo traduttore è quello che non si pone nemmeno il problema, quello che sceglie la prima soluzione fornita dal bilingue (di cui MAI bisogna tra l’altro fidarsi), quello che inventa parole che nemmeno esistono perché neanche controlla ciò di cui non è sicuro.

Di queste cattive traduzioni Alessi oggi ci ha portato qualche esempio.

Di queste cattive traduzioni, e già ve ne ho citate alcune, è piena la rete.

E con queste cattive traduzioni aziende anche molto grosse pensano di vendersi all’estero, senza essere consapevoli del fatto che anziché promuoversi si penalizzano agli occhi di un pubblico che, grazie al web, è mondiale.

Beata ignoranza, forse.

PS A difesa di queste aziende e di questi privati che ignorano, nel senso buono del termine, cosa tradurre significhi, va detto che purtroppo non esiste un albo dei traduttori e interpreti. Basta un sito fatto bene per fare buona impressione su un cliente, che così si mette nelle mani di agenzie senza scrupoli e soprattutto senza competenza. E questi poveri clienti pensano di aver ben investito i loro soldi.

Finché qualcuno, con una rapida occhiata ad un sito, non scorge in home page una parola che doveva essere francese ma è ahimè dialetto. E a quel punto il povero cliente, che ha stampato camionate di brochure italiano>dialetto anziché italiano>francese paga il caro prezzo di essersi affidato ad un ciarlatano [caso realmente verificatosi].

Avrebbe fatto meglio a pagare di più le traduzioni fin dall’inizio, versando un compenso equo al buon traduttore che, giustamente, richiede un importo proporzionale al suo buon lavoro.

2 Responses to “Lezioni del 16 aprile: Alessi-Thompson”

  1. natacha scrive:

    So che non vale ma vorrei aggiungere qualcosa a quanto detto ieri…
    Un buon traduttore è anche colui che “conosce” (parolone, visto che è un processo infinito) collocations and prosody.

    e.g. CAUSE = causare, provocare

    Non è di per se un verbo negativo in inglese e se consultate un bilingue è l’esatta traduzione dei due verbi sovracitati. Ma ad un’analisi più attenta dei testi inglesi, come ricordava ieri Alessi, si nota come questo verbo sembri attrarre significati negativi [corpus analysis docet]

    Per cui se dovete tradurre: “X ha provocato una gioia immensa” magari evitate CAUSE ;)

  2. balbotta scrive:

    E’ già da un po’ che leggo il tuo blog, che mi ha incuriosito ancora di più quando hai cominciato il PhD… mi sono appena laureata nella specialistica proprio a Modena, con la mitica Laura Gavioli come relatrice, e Franca Poppi come correlatrice, con una tesi di case-study sul dialogue interpreting nel business. E quindi è già spiegata la nostra “affinità”, insomma! :)
    Quando però oggi ho letto questo post sul grandissimo Glenn Alessi, prof che ho adorato, non potevo astenermi più dal commentare! Mi piacerebbe molto fare questo PhD, grazie per i tuoi resoconti che mi fanno sempre più venire voglia di affrontare questa avventura!

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